Un omaggio alla fotografa che ha immortalato l’anima della crisi
In occasione dei 135 anni dalla nascita di Dorothea Lange (1895-1965), il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano ospita, dal 13 maggio al 19 ottobre 2025, una retrospettiva dedicata a una delle figure più iconiche della fotografia documentaristica del XX secolo. Curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, la mostra riunisce oltre cento scatti che ripercorrono le crisi sociali, economiche e politiche degli Stati Uniti, dall’era della Grande Depressione al dopoguerra, attraverso l’obiettivo empatico e rivoluzionario di Lange.
L’esposizione: un viaggio nella storia attraverso lo sguardo di Lange
Il percorso espositivo, suddiviso in sezioni tematiche, include opere provenienti dall’Oakland Museum of California e dalla Library of Congress di Washington, istituzioni che custodiscono gran parte del suo archivio. Tra i capolavori esposti spicca Migrant Mother (1936), simbolo universale della sofferenza durante la Grande Depressione, accanto a immagini meno note come quelle realizzate in Irlanda nel 1954, che documentano le comunità rurali in lotta con la povertà postbellica.
Sezioni chiave:
La Grande Depressione e il Dust Bowl
Lange collaborò con la Farm Security Administration (FSA) per documentare le condizioni disperate dei braccianti agricoli colpiti dalla siccità e dalle tempeste di sabbia degli anni ’30. Le sue foto, come quelle delle famiglie accampate in tende di fortuna o dei bambini denutriti, divennero strumenti di denuncia sociale e contribuirono a mobilitare gli aiuti governativi.
Migrant Mother: l’icona della resilienza
Il celebre ritratto di Florence Owens Thompson, una madre di sette figli in un campo per raccoglitori di piselli in California, è esposto insieme alle altre cinque foto scattate da Lange nello stesso contesto. Questa serie rivela come la fotografa abbia selezionato l’inquadratura più potente per trasmettere dignità nella disperazione, trasformando un volto anonimo in un simbolo collettivo.
La Seconda Guerra Mondiale e l’internamento dei giapponesi-americani
Durante il conflitto, Lange accettò, nonostante le riserve politiche, di documentare i campi di internamento dove migliaia di cittadini nippo-americani furono incarcerati dopo Pearl Harbor. Ne sono risultate delle immagini strazianti, come quella di un’anziana donna dietro le sbarre, rivelano l’ingiustizia di queste politiche con una crudezza che il governo tentò di censurare.
Oltre l’America: l’Irlanda del 1954
La mostra include anche scatti realizzati da Lange in Europa, come la serie Creamery – Dairying (Irlanda, 1954), che ritrae comunità rurali alle prese con le sfide economiche del dopoguerra. Queste opere, meno conosciute ma ugualmente intense, mostrano la sua capacità di adattare il linguaggio documentaristico a contesti globali.
L’etica di Dorothea Lange: tra verità e poesia
Lange univa un rigore documentaristico a una sensibilità artistica unica, rifiutando il pietismo per privilegiare la dignità dei soggetti. Come sottolineato nella mostra, il suo approccio si basava su:
- Empatia senza retorica: Lange si immergeva nelle vite dei suoi soggetti, utilizzando una fotocamera a telemetro per catturare momenti autentici senza invadenza.
- Narrazione politica: Le sue immagini erano strumenti per smuovere le coscienze, come dimostra l’impatto di Migrant Mother, che spinse il governo a inviare 20.000 libbre di cibo ai campi profughi.
- Estetica della semplicità: Le composizioni essenziali, spesso in bianco e nero, concentravano l’attenzione sulle emozioni dei volti e sui dettagli simbolici, come le mani consumate dal lavoro o gli oggetti personali abbandonati 39.
L’eredità di Lange: influenze e insegnamenti
La retrospettiva milanese non si limita a celebrare il passato, ma invita a riflettere sull’attualità del suo messaggio. Lange ha ispirato generazioni di fotografi, da Sebastião Salgado a Lauren Greenfield, dimostrando che la fotografia può essere uno strumento di giustizia sociale e memoria collettiva.
Domande aperte dalla mostra:
Come documentare le crisi odierne (migrazioni, disuguaglianze climatiche) senza retorica?
Qual è il ruolo del fotografo nel bilanciare verità ed etica?
Cosa rende un’immagine iconica?
Informazioni pratiche e conclusioni
La mostra è visitabile dal 13 maggio al 19 ottobre 2025 negli spazi del Museo Diocesano (Piazza Sant’Eustorgio 3), con orari di apertura dal martedì alla domenica (10-18). Un catalogo bilingue, edito da CAMERA, approfondisce il contesto storico delle opere e include saggi critici sulla ricezione contemporanea di Lange 110.
Dorothea Lange non fu solo una testimone del suo tempo, ma un’artista che trasformò il dolore in bellezza, insegnandoci che ogni volto ha una storia da raccontare. Questa retrospettiva, nel cuore di Milano, è un invito a guardare il mondo con gli occhi di chi crede nel potere trasformativo dell’arte.