Louise Nevelson: tra memoria ed emancipazione, la mostra a Palazzo Fava

Louise Nevelson (1899–1988), artista di origini ucraine naturalizzata statunitense, è una delle figure più iconiche della scultura del XX secolo. Nota per i suoi monumentali assemblaggi in legno dipinti in monocromia nera, bianca o dorata, Nevelson ha ridefinito i confini dell’arte attraverso il riuso di materiali di recupero, trasformando oggetti quotidiani in complesse architetture scultoree. La sua vita e la sua opera, segnate da una costante ricerca di emancipazione personale e artistica, sono al centro della prima mostra a lei dedicata a Bologna, ospitata a Palazzo Fava dal 30 maggio al 20 luglio 2025.

Dall’Ucraina a New York: un percorso di resilienza

Nata a Kiev nell’Impero Russo (oggi Ucraina) in una famiglia ebraica, Nevelson emigrò negli Stati Uniti nel 1905 per sfuggire alle persecuzioni antisemite. Stabilitasi prima nel Maine e poi a New York, sviluppò un legame profondo con il legno, materiale che divenne centrale nella sua pratica artistica, influenzata dal lavoro del padre nel settore del legname. Dopo gli studi all’Art Students League e un periodo di formazione in Europa con Hans Hofmann, Nevelson iniziò a sperimentare con sculture e collage, affrontando temi come l’identità e la trasformazione della materia. La sua carriera decollò negli anni ’50 con opere come Sky Cathedral (1958), una serie di scatole decorate impilate e appoggiate al muro, acquisita dal MoMA, e Dawn’s Wedding Feast (1959), un’installazione di sculture bianche, la cui più famosa è la colonna, che la resero celebre per l’uso innovativo di oggetti abbandonati, se così possiamo chiamarli.

La mostra a Palazzo Fava: un omaggio tematico

Curata da Ilaria Bernardi e promossa dall’Associazione Genesi, la mostra bolognese celebra il 120° anniversario del suo arrivo negli Stati Uniti, sottolineando come la sua vita e la sua arte anticipassero questioni sociali contemporanee come la sostenibilità e l’emancipazione femminile. L’esposizione si articola in cinque sale del piano nobile di Palazzo Fava, ciascuna dedicata a una tipologia specifica della sua produzione:

  • Sculture autoportanti: Nella Sala Giasone, opere come Untitled (1964) evocano librerie monumentali, nascondendo oggetti di varia provenienza in strutture totemiche dipinte di nero.
  • Le “porte” simboliche: Nella Sala Rubianesca potrete trovare i lavori del 1976. Questi incorporano soprattutto elementi come sedie e schienali, che negli occhi e nelle mani della Nevelson sono diventati superfici portanti.
  • Paesaggi urbani e naturali: La Sala Enea ospita sculture piatte ispirate a città e ambienti tropicali, come Tropical Landscape (1975), il cui tema è l’invisbile: in particolare, come le energie che non vediamo siano il motore della creatività dell’artista. Non fatevi ingannare, però. Non vi troverete davanti a una sala piena di paesaggi newyorchesi, bensì a un’interpretazione di questo tipo di scenario tutta in stile Nevelson.
  • Collage e processi creativi: La Sala Albani espone opere su carta e assemblaggi che illustrano il metodo di “distruzione-trasfigurazione” di Nevelson, con materiali come legno grezzo e cartone.
  • La luce dell’oro: La Sala Carracci conclude il percorso con opere come The Golden Pearl (1962), dove il nero cede il passo a tonalità dorate, simbolo di un’alchimia materica e spirituale.

Una voce per l’emancipazione femminile

Nevelson, divorziata nel 1941 per dedicarsi all’arte in un’epoca in cui il ruolo di moglie e madre era dominante, incarna una figura pionieristica nella lotta per l’autodeterminazione femminile. La curatrice Ilaria Bernardi definisce il suo lavoro “un’analisi femminista della disuguaglianza di genere”, sottolineando come la trasformazione degli scarti in arte rifletta una metafora di liberazione.

Informazioni pratiche e iniziative collaterali

La mostra è arricchita da un programma educativo con visite guidate, workshop e un’app gratuita sviluppata da Hidonix, che offre contenuti multimediali e approfondimenti.

L’inclusività è promossa attraverso la collaborazione con il Gruppo FAI Ponte tra culture, che favorisce il dialogo interculturale tramite il patrimonio artistico.

Dettagli:

Sede: Palazzo Fava, Via Manzoni 2, Bologna.

Orari: Martedì-domenica, 10:00–19:00 (ultimo ingresso alle 18:00).

Biglietti: Intero €10, ridotto €5.

La retrospettiva di Palazzo Fava non solo rende omaggio a un’artista che ha sfidato convenzioni e pregiudizi, ma invita a riflettere sulla pertinenza del suo messaggio in un’epoca di transizione ecologica e rivendicazioni sociali. Attraverso il legno e l’ombra, Nevelson ha creato un linguaggio universale, ponendo le basi per un’arte che unisce etica ed estetica.