Mario Giacomelli: Il fotografo e il poeta – Un viaggio tra luce, poesia e memoria

Palazzo Reale, Milano | 22 maggio – 7 settembre 2025

In occasione del centenario della nascita di Mario Giacomelli (1925-2025), Palazzo Reale di Milano celebra uno dei più grandi maestri della fotografia italiana con una retrospettiva che svela il cuore poetico della sua opera. Curata da Bartolomeo Pietromarchi e Katiuscia Biondi Giacomelli, la mostra Il fotografo e il poeta riunisce oltre 300 opere tra stampe originali, documenti d’archivio e installazioni immersive, offrendo un percorso che trasforma la fotografia in un linguaggio universale, sospeso tra arte visiva e lirismo.

Un centenario per riscoprire un visionario

Mario Giacomelli, nato a Senigallia nel 1925, è stato un autodidatta che ha rivoluzionato la fotografia del Novecento. Noto per i suoi scatti in bianco e nero che catturano l’essenza della vita rurale italiana, viene qui presentato come un “pittore della luce”, capace di trasformare paesaggi e volti in composizioni quasi astratte. La mostra milanese, complementare a quella romana Il fotografo e l’artista, si concentra sul dialogo tra le sue immagini e la poesia, rivelando come Giacomelli abbia elevato la fotografia a forma di narrazione simbolica.

Fotografia come poesia visiva

Il percorso espositivo si snoda attraverso le serie fotografiche ispirate ai grandi poeti, da Giacomo Leopardi a Edgar Lee Masters, evidenziando come la parola scritta abbia plasmato il suo sguardo. Tra le opere iconiche spiccano:

  • Scanno (1957-59): Una sequenza di donne in nero che si muovono nella neve, immortalate con un contrasto drammatico che trasforma il paesaggio in una metafora dell’isolamento e della resilienza.
  • La buona terra (1964-66): Ritratti di contadini marchigiani, i cui volti solcati dal tempo diventano mappe di storie silenziose, sospese tra realismo e astrazione.

Ma è nella serie Per poesie (anni ’60-’90) che emerge con forza il legame tra immagine e parola. Questa raccolta, quasi interamente inedita, nasce da un corpus di scatti concepiti come “frammenti di realtà da lasciar decantare”, pronti a comporsi in nuovi racconti. Nel 2006, l’artista Enzo Cucchi selezionò centinaia di queste foto per il progetto Cose mai viste, presentandole senza didascalie per esaltare il flusso narrativo continuo, simile a un “sogno a occhi aperti”.

L’Infinito di Leopardi e la nostalgia di Cardarelli

Uno dei capitoli più suggestivi della mostra è dedicato all’omaggio di Giacomelli a Giacomo Leopardi. Nelle serie L’Infinito (1986-90) e Presa di coscienza sulla natura (1976-80), il fotografo interpreta visivamente la contemplazione leopardiana del paesaggio. Le immagini, caratterizzate da cieli sovraesposti e linee orizzontali indefinite, evocano un senso di smarrimento di fronte all’immensità, trasformando la campagna marchigiana in un teatro metafisico.

Altrove, l’influenza del poeta Vincenzo Cardarelli si materializza in Passato (1986-90), una riflessione sulla memoria e sulla fugacità del tempo. Qui, Giacomelli utilizza sfocature e sovrapposizioni per creare un effetto di “stratificazione emotiva”, come se i ricordi affiorassero da un obiettivo annebbiato dalla malinconia.

Spoon River e il teatro della neve: quando la poesia diventa immagine

La mostra dedica un intero spazio a Spoon River (1967-73), serie ispirata all’antologia di Edgar Lee Masters. Giacomelli ritrae tombe e lapidi del cimitero di Senigallia, trasformando ogni scatto in un epitaffio visivo. Le croci oblique e le ombre allungate suggeriscono un dialogo tra i vivi e i morti, mentre il bianco e nero estremo conferisce alle immagini un’aura di eternità. Non meno significativa è la collaborazione con lo scrittore Francesco Permunian, culminata in Il teatro della neve (1984-86). Questa serie, esposta in una sala con proiezioni multimediali, unisce fotografie e testi per esplorare temi come l’amore, la solitudine e l’introspezione. Le figure umane, spesso ridotte a sagome evanescenti, sembrano emergere dalla neve come apparizioni poetiche.

Io non ho mani che mi accarezzino il volto: un’installazione ipnotica

Al centro del percorso espositivo, una sala immersiva è dedicata alla celebre serie Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1961-63), che lanciò Giacomelli sulla scena internazionale. I giovani seminaristi ritratti in bianco e nero, colti in momenti di gioco e preghiera, sono disposti in un’installazione circolare che ricrea il movimento e l’energia originale degli scatti. Le immagini, sospese tra sacro e profano, diventano una danza di luce e ombra, accompagnata da registrazioni audio della voce dell’artista che recita versi poetici.

Dietro le quinte: il laboratorio di un alchimista

Per concludere, la mostra ricostruisce fedelmente lo studio di Giacomelli, completo della sua iconica fotocamera Kobell e di strumenti di sviluppo artigianali. In questa sezione, i visitatori possono osservare prove di stampa, appunti e negativi, scoprendo come l’artista manipolasse manualmente i contrasti e le texture per ottenere effetti pittorici. Un video documentario mostra inoltre il suo approccio sperimentale, definito da lui stesso “un’alchimia tra materiali e processi simbolici”.

Un’eredità senza tempo

La retrospettiva di Palazzo Reale non è solo un tributo a Giacomelli, ma una riflessione sul potere dell’arte di trascendere i confini disciplinari. Le sue fotografie, oggi più che mai, parlano un linguaggio universale: raccontano storie di terra, memoria e umanità, trasformando il reale in poesia.

Informazioni pratiche:

  • Date: 22 maggio – 7 settembre 2025
  • Orari: Da martedì a domenica, 10:00–20:00 (ultimo ingresso alle 19:00)
  • Biglietti: Intero €15, Ridotto €10-13, Scuole €6 15
  • Eventi collaterali: Laboratori di fotografia poetica, incontri con critici e reading di poesia ispirati alle opere in mostra.

Per approfondire: Il catalogo Mario Giacomelli. Fotografia e poesia (Silvana Editoriale) offre un’analisi critica del suo lavoro, con saggi di Pietromarchi e contributi inediti dell’archivio.

“La fotografia è un flusso continuo, che annulla la distanza tra passato e presente” – Mario Giacomelli